giovedì 16 ottobre 2014


Sempre riguardo ai Disturbi Specifici di Apprendimento, la legge 170/2010 mette l’accento sulle nuove tecnologie.



Gli alunni con DSA non sono tutti uguali, quindi vanno evitate le misure standardizzate; gli strumenti compensativi non sono sconti, ma strumenti per ridurre l’interferenza del disturbo sull’apprendimento globale. Lo studente va accompagnato ad usare le tecnologie e gli strumenti compensativi (non basta darglieli!) per un uso consapevole ed autonomo in diverse situazioni e contesti. Inoltre l’uso dello strumento compensativo non deve avere ripercussioni sull’autostima dello studente con DSA.

Tecnologie compensative diverse perché diversi sono gli stili di apprendimento e le intelligenze, come dice Gardner, sono multiple.

Vediamo quali sono:

martedì 14 ottobre 2014


qualche appunto dal seminario sui DSA di Ca' Foscari
 
 

Organizzare una lezione per renderla efficace, utilizzando anche i famosi strumenti compensativi:

·       Raccordo con la lezione precedente
·       Preliminari chiarimenti lessicali
·       Uso di anticipatori, sguardo d’insieme
·       Presentare mappe e schemi
·       Mettere in risalto da subito alcuni concetti
·       Usare più canali comunicativi
 
Organizzatore anticipato: spiegare prima la lezione, cosicché ognuno possa attivare le conoscenze pregresse e affinché si risveglino attenzione e motivazione.

lunedì 13 ottobre 2014

 
 
Oggi seminario a Ca' Foscari sui DSA, in questa magnifico Cultural Flow Zone, con travi a vista, luci soffuse e salottini relax con luci verdi - mi sono informata, l'accesso è consentito anche ai non studenti!


Davvero molto interessante, e mi impegno a copiare gli appunti. Ma intanto una delle cose che mi ha colpito di più è stato il concetto di resilienza, ossia la capacità di resistere agli insuccessi e di proseguire nella direzione scelta. E' un concetto preso dalla tecnologia, come ci dice la Treccani:  nella tecnologia dei materiali è la resistenza a rottura per sollecitazione dinamica, nella tecnologia dei filati e dei tessuti, l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale. Ma deriva, ancor più anticamente da resalio, capacità di risalire su una barca rovesciata, e davvero questa immagine rende bene l'idea di resilienza psicologica, far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità. Persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione, a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti.
Importantissimo, a scuola e nella vita.
E ancor più la resilienza di gruppo, da conquistare attraverso un percorso graduale.
Invece di tanti progetti perché non creare un percorso del genere da proporre ai nostri studenti?

domenica 12 ottobre 2014


Strategie di modificazione del comportamento
 
 
 
 
La grande mole di studi sull’apprendimento effettuati in ambito comportamentistico (soprattutto da

Skinner in poi) ha consentito la delineazione di una metodologia di intervento denominata

tecnologia del comportamento o modificazione del comportamento. Meazzini, Barnaba e Fagetti



(1981) la definiscono come “un approccio tecnico-scientifico finalizzato a prevenire, affrontare e


risolvere (con procedure suscettibili di verifica intersoggettiva) problemi di natura comportamentale

presenti nel singolo e nel gruppo" (p. 6).

Esula certamente dai fini di questo lavoro, come già detto, l’analisi delle premesse teoriche alla base

della metodologia di intervento comportamentale. Mi limito, in questa sede, ad illustrare le

principali strategie di valutazione e di intervento educativo, alle quali fanno in parte riferimento

anche altri metodi di intervento che saranno affrontati in seguito. Nello specifico mi soffermerò:

- sulle procedure per condurre l’osservazione dei repertori di abilità e difficoltà dei bambini

(assessment comportamentale);



- sulle strategie per potenziare comportamenti positivi;


- sulle strategie per decrescere comportamenti problematici.

sabato 11 ottobre 2014

il gioco dei mimi

 
 
il gioco del mimo
Obiettivo: apprendere e riconoscere le emozioni dal viso e dai gesti.
Materiali: cartoncini delle facce emotive e un sacchetto di stoffa
Procedura: Si inseriscono i cartoncini delle facce emotive dentro un sacchettino di stoffa e a turno i bambini vengono chiamati in disparte a "pescare" l'emozione da mimare.  
Una volta concordato con l'insegnante come mimare la faccia, il bambino si mette davanti al resto del gruppo che deve indovinare di quale emozione si tratta.
Per rendere più interessante il gioco si è proposto di cercare di indovinare qual è stato il pensiero che ha scatenato quell'emozione (pensiero concordato precedentemente con l'insegnante).
Il percorso di educazione relazionale ed emotiva si può approfondire anche utilizzando il software "Autismo e competenze cognitivo-emotive", con le vicende di due simpatici fratellini.
 


venerdì 10 ottobre 2014

proposta indecente

iniziamo con un bell'articolo di Sara Stocchini e Andrea Cengia - Il recente dibattito che si è sviluppato attorno alla proposta Ianes ha avuto il merito di portare in superficie alcune delle più significative posizioni che riguardano il ruolo dell’insegnante di sostegno (uno specialista distinto dal consiglio di classe? o un insegnante tra gli insegnanti con specifiche competenze anche nell’attività di sostegno?).
La montagna di discorsi e riflessioni che si è generata in queste ultime settimane rischia di perdere di vista il centro della questione didattica (e più formalmente legislativa) che giustifica la stessa esistenza della figura professionale dell’insegnante di sostegno. Il riferimento, ovviamente, è al fatto che l’Italia ha scelto, per noi giustamente, di percorrere la difficilissima strada dell’integrazione degli studenti con disabilità piuttosto che quella dell’esclusione. Integrazione che significa socializzazione e partecipazione ad una dimensione esistenziale di gruppo che le scuole speciali, per la loro stessa ragione fondante, escludono in partenza quasi interamente. Integrazione significa anche inclusione didattica entro un contesto classe che si forma culturalmente.
Ora, se lo scopo didattico, garantito dalla legge, consiste nel fare tutto il possibile per integrare in classe (con tutta la ricchezza semantica che questo termine porta con sé), è evidente che l’intero consiglio di classe /deve /avere questa finalità in ogni istante della propria azione didattica. Vale la pena ribadire che l’unità fondamentale a cui, a nostro avviso, il processo di integrazione deve far riferimento è il gruppo classe, che è lo strumento per la costruzione dei sostegni diffusi, piuttosto che il sostegno marcante. E questo perché l’operazione di integrazione è sempre multidirezionale: dell’alunno disabile verso la classe e viceversa (solo per rimanere al rapporto tra pari). Inutile ricordare quale alto valore democratico, etico e sociale abbia per tutta la classe poter accettare le differenze (tutte) che scorrono al proprio interno.